È quanto è emerso da uno studio effettuato nella città indiana di Hyderabad. Si tratta del più grande studio a livello mondiale effettuato sull’argomento, in una regione dell’India dove il bilinguismo è altamente diffuso. Il passaggio continuo da forme grammaticali e fonetiche diverse allenerebbe la plasticità cerebrale ritardando mediamente di cinque anni l’insorgenza di varie forme di demenza. È  quanto afferma sulla rivista Neurology un gruppo di ricercatori dell’Università di Edimburgo e del Nizam’s Institute of Medical Sciences di Hyderabad, in India, coordinato da Suvarna Alladi.  Lo studio è stato condotto su 648 soggetti indiani con diagnosi di demenza.

“Questi risultati portano a ipotizzare che il bilinguismo influisca sulla demenza con più efficacia di qualunque farmaco disponibile attualmente”, ha spiegato Thomas Bak, ricercatore dell’Università di Edimburgo che ha partecipato alla ricerca. “Di conseguenza, lo studio delle relazione tra bilinguismo e cognizione è una delle nostre maggiori priorità, e saranno necessari ulteriori studi per determinare il meccanismo che causa il ritardo nella comparsa dei differenti tipi di demenza, tra cui la malattia di Alzheimer, la demenza vascolare, causata da lesioni ischemiche che determinano la distruzione multifocale del tessuto cerebrale, e la demenza fronto-temporale, caratterizzata da una degenerazione dei lobi fronto-temporali del cervello”.