Ci sono sempre più anziani che superano la soglia dei cent’anni. In Italia tra il 2001 e il 2011 il loro numero è aumentato del 138%, passando da 6.313 a 15.080 individui, di cui ben l’83,7% è rappresentato da donne. Inoltre è aumentata l’aspettativa di vita media degli italiani, che per gli uomini è aumentata di 2,4 anni – attestandosi a 79,4 anni – e per le donne di 1,7 anni – raggiungendo gli 84 anni e mezzo.
Fra gli elementi che aiutano a vivere più a lungo c’è di sicuro l’alimentazione. Numerosi studi hanno certificato che la dieta mediterranea è uno dei fattori che garantisce una vita più lunga: pesce, frutta e verdura, pasta e l’olio extravergine d’oliva. La dieta mediterranea riesce a preservare il Dna dagli errori correlati all’invecchiamento ed è quindi un”elisir di longevità”, visto che ad esempio sappiamo che protegge non solo dalle malattie cardiovascolari ma anche da tumori, diabete e altre patologie. E’ da aggiungere anche un recente studio sulle capacità cognitive date dalla luteina e dalla zeaxantina contenute nelle uova. Uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition mette in risalto le capacità cognitive, mnemoniche e di fluenza verbale degli anziani legati ai livelli di zeaxantina nel loro cervello. Non solo, la fluenza verbale è influenzata anche dalle concentrazioni di luteina, che sono inoltre associate alla capacità di recuperare i ricordi e che sono significativamente ridotte in chi soffre di declino cognitivo lieve. La concentrazione ottimale è stata di 12 mg al giorno di luteina.
La mente e il corpo dei novantenni di oggi funzionano meglio di chi novantenne lo era un decennio fa.  Ma la domanda è: con la sopravvivenza cresce anche la fragilità fisica e mentale, aumentando sempre più i costi sociali e personali? I nati nel 1915 non solo avevano un terzo di probabilità in più di raggiungere i 95 anni rispetto alla coorte del 1905, ma hanno anche ottenuto risultati migliori nei test. «Le migliori prestazioni della coorte 1915 suggeriscono che i cambiamenti in fattori quali l’alimentazione, il carico di malattie infettive, l’ambiente di lavoro, gli stimoli intellettuali e le condizioni generali di vita giocano un ruolo importante nel miglioramento dello stato fisico e cognitivo.
I geni implicati nell’invecchiamento ultra centenario sono circa 150 e messi tutti insieme garantiscono la longevità con una certezza matematica pari al 77%. Ora però sappiamo quali e quante sono le varianti genetiche che permettono alle persone di raggiungere e superare la soglia dei cento. Il nuovo modello di analisi simultaneo delle variazioni nel Dna, pubblicato su Science, è stato messo a punto dall`esperta di biostatistica Paola Sebastiani e dal geriatra Thomas Perls della Boston University in collaborazione con Annibale Puca dell`Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Itb-Cnr).
Lo studio, che apre la strada verso la genomica personalizzata, è stato condotto analizzando le variazioni genetiche di circa mille individui americani tra i 95 e i 119 anni.
Sicuramente i fattori epigenetici hanno influenzato considerevolmente gli anziani odierni: lo sarà anche per i futuri centenari?