La lunghezza dei telomeri dei cromosomi sembra essere in rapporto con l’età a cui un uomo si riproduce. Infatti contrariamente alle altre cellule, gli spermatozoi delle persone più anziane hanno telomeri più lunghi. Ciò vuol dire che più anziano è il genitore, più lunga sarà la vita dei figli, questo fenomeno è cumulativo su più generazioni. La scoperta potrà chiarire alcuni meccanismi evolutivi dell’invecchiamento.

Se vostro nonno era già anziano quando ha concepito vostro padre potete sperare in una lunga vita. Questa singolare scoperta è frutto di una ricerca condotta da biologi della Northwestern University, che ne riferiscono in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”. La ragione del fenomeno, spiegano i ricercatori, è nei telomeri.

Nell’invecchiamento avviene un accorciamento dei telomeri, ma ci sono delle cellule che sfuggono a questa regola: gli spermatozoi. I maschi anziani hanno spermatozoi con telomeri più lunghi. Il fenomeno è spiegato dal fatto che l’attività della telomerasi – un enzima che cerca di rallentare la progressiva demolizione dei telomeri, riallungandoli – è decisamente elevata in testicoli. Dato che i figli ereditano metà dei loro cromosomi dagli spermatozoi, i figli di padri più anziani tendono ad avere telomeri più lunghi. Al contrario, perché il pool di ovuli è stabilito in utero una volta per tutte, i telomeri presenti negli ovuli non sono influenzati dell’età della madre.

“Se tuo padre e tuo nonno sono stati in grado di vivere e riprodursi in età più avanzata, questo potrebbe far prevedere che anche tu vivrai in un ambiente in qualche modo simile, un ambiente con meno morti accidentali o in cui gli uomini sono in grado di trovare un partner in epoche successive”, ha osservato Dan T. A. Eisenberg, primo firmatario dell’articolo. “In un simile contesto, investire di più in un corpo in grado di raggiungere un’età più avanzata potrebbe essere, da una prospettiva evoluzionistica, una strategia di adattamento.”

“Quando pensiamo ai processi di adattamento, tendiamo a pensare che si manifestino nell’arco di centinaia di generazioni – ha concluso Eisenberg – ma questo studio illustra un mezzo attraverso cui potrebbero verificarsi cambiamenti genetici adattativi molto più rapidi nel giro di poche generazioni”.