Sentirsi all’interno del proprio corpo non è affatto ovvio: questa sensazione nasce dal coordinamento di due distinte percezioni: quella relativa alla posizione in cui ci si trova e quella relativa al possesso del proprio corpo. La sensazione di trovarsi nel proprio corpo è determinata dall’integrazione di circuiti cerebrali differenti che controllano il senso della propria posizione e quello del possesso del corpo. A dimostrarlo è una ricerca condotta da neuroscienziati del Karolinska Institut di Stoccolma. Arvid Guterstam e colleghi in un articolo pubblicato su “Current Biology”, spiegano che il tutto è gestito dall’integrazione funzionale di due gruppi di circuiti – che permettono di sentirsi nel qui ed ora e nel proprio corpo.
Anche se precedenti esperimenti sui topi avevano dimostrato che specifiche regioni del cervello contengono particolari “cellule GPS” che segnalano all’animale la sua posizione nella stanza del laboratorio (John O’ Keefe e a May-Britt Moser ed Edvard Moser, hanno ricevuto il premio Nobel nel 2014 per questa scoperta) non si sapeva in che modo il cervello umano formi la sua esperienza percettiva di essere un corpo situato in qualche punto nello spazio.
Nello studio del Karolinska Institut gli scienziati hanno indotto in quindici soggetti l’illusione di trovarsi al di fuori del proprio corpo mentre erano all’interno di uno scanner cerebrale. L’illusione è stata creata grazie a un casco con monitor che mostrava il corpo della persona come se fosse stato collocato in un’altra posizione. Dalla nuova prospettiva, il partecipante osservava il corpo di un estraneo in primo piano, mentre il suo corpo fisico era visibile sullo sfondo, sporgente dalla cavità dello scanner cerebrale. Per suscitare l’illusione, un ricercatore tocca il corpo del partecipante con un oggetto in sincronia con tocchi identici somministrati al corpo dell’estraneo.

“Nel giro di pochi secondi, il cervello fonde la sensazione tattile e lo stimolo visivo della nuova prospettiva, con la conseguente illusione di possedere il corpo dell’estraneo e di trovarsi nella posizione di quel corpo e al di fuori del proprio corpo reale”, spiega Arvid Guterstam.
Sfruttando questa illusione i ricercatori hanno indotto i soggetti a percepirsi come situati in diverse parti della stanza, mentre ne registravano l’attività cerebrale. La successiva analisi dei dati raccolti ha permesso di identificare le aree preposte alle diverse funzioni (posizione, possesso del corpo) e alla loro integrazione.