Già dal 1984 studi internazionali sulla malattia di Alzheimer avevano dimostrato la correlazione tra la presenza di rame in eccesso e la possibilità di sviluppare la malattia.

Ora è stato messo a punto un test chiamato C4D in grado di misurare il rame libero nel sangue.

Ad oggi più di 700 articoli scientifici dimostrano che il Rame “libero” è intrinsecamente tossico: supera facilmente la barriera ematoencefalica (il filtro che protegge il cervello da fattori patogeni circolanti nel sangue) sino ad interagire con altri fattori tossici, come la sostanza Beta-amiloide, i cui ammassi formano le placche insolubili caratteristiche della malattia di Alzheimer. In circostanze normali il peptide beta-amiloide viene rimosso dal cervello da un’altra proteina, Lrp1, che lo fissa e lo espelle trasportandolo attraverso i vasi sanguigni. Il rame  accumulandosi interrompe la funzione della proteina Lrp1 attraverso un processo di ossidazione, che a sua volta inibisce la rimozione di beta-amiloide dal cervello. Il  disturbo metabolico del rame è già evidente in soggetti  con decadimento cognitivo lieve e  tra questi, coloro che hanno valori di rame libero superiori a 1,9 µM hanno una probabilità di sviluppare demenza 3 volte superiore rispetto ai soggetti con deterioramento cognitivo lieve con livelli di rame libero inferiori a 1,9 µM.

Il marker precoce individuato consente di accorgersi di questo fattore di rischio che è modificabile e di conseguenza dà l’opportunità di intervenire attraverso l’alimentazione o l’assunzione di integratori a base di zinco, con buone probabilità di prolungare i tempi di manifestazione della malattia o di evitarla completamente.