In uno studio molto interessante, svolto in Germania, sul rapporto tra invecchiamento, cognizione e demenza, nelle cure primarie in età anziana dopo i 75 anni (AgeCoDe), si è rilevato un’incidenza maggiore per il rischio di demenza nei pazienti che hanno utilizzato gli inibitori di pompa protonica (PPI) per le cure dei disturbi gastrici, con un’incidenza maggiore tra le persone di età compresa tra i 75 e i 79 anni.

I ricercatori non hanno ancora chiare le cause incidenti e scatenanti su come l’uso degli PPI potrebbe aumentare il rischio di demenza. L’evidenza suggerisce che alcuni PPI possono attraversare la barriera emato-encefalica e interagire con gli enzimi del cervello e, nei topi, possono aumentare i livelli di beta amiloide nel cervello. Anche se questo studio non ha incluso i livelli di vitamina B12, altre ricerche hanno collegato l’uso di PPI a carenza di vitamina B12, che ha dimostrato di essere associata con il declino cognitivo.

I nuovi risultati coincidono con quelli del precedente studio del gruppo di ricerca: tale studio, che ha incluso 3327 pazienti residenti in comunità di età compresa tra 75 anni e più anziani, ha trovato un legame molto alto tra l’uso di PPI e la demenza.

Ci sono diverse alternative agli PPI per il trattamento di disturbi gastrointestinali negli anziani: questi includono gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina, le prostaglandine, e gli antiacidi.

Si è anche sottolineato la possibilità che gli PPI possano aumentare sia la produzione e il degrado di amiloide, almeno negli animali, e sia la riduzione di vitamina B12 e altre sostanze nutritive tra gli utenti di PPI, che potrebbe essere legata al rischio di demenza.

Le persone anziane, hanno affermato i ricercatori, spesso prendono molti farmaci, che può riflettere l’estensione della malattia e la comorbidità; l’utilizzo di farmaci specifici possono anche essere associati sia con l’uso di PPI e con la demenza.