Il rosmarino ( Rosmarinus officinalis) appartenente alla famiglia delle Labiatae, ha una tradizione antica in fitomedicina. Vengono utilizzati i giovani germogli , le foglie e i fiori. Essi contengono sia  olii essenziali ( eucaliptolo, canfora, verbenone, cineole e acetato bornile ), sia, nel fitocomplesso, l’acido carnosico, la componente più attiva del rosmarino. Questa pianta aiuta il recupero dell’ energia mentale, della concentrazione, della sicurezza e della motivazione. Una recente ricerca ha rivelato che alcune frazioni presenti nel rosmarino agiscono  come stimolanti e attivatori di alcuni centri cerebrali, come il locus coeruleus (con conseguente rilascio di noradrenalina ), nell’ ippocampo e nell’amigdala ( con il rilascio di neuro-ormoni che influenzano  l’attivazione corticale ). Utilizzato fin dal Medioevo per trattare i disturbi del sistema nervoso e per scongiurare la malattia. Ha effetti neuroprotettivi senza produrre gravi effetti collaterali caratteristici di molti agenti usati per trattare le malattie neurodegenerative. Questo tipo di composto può ben essere sicuro e clinicamente tollerato perché è presente in una pianta naturale che è nota per agire a livello cerebrale e utilizzato da pazienti per oltre mille anni. Questo principio attivo  stimola una nuova cascata di segnalazione che protegge le cellule cerebrali dai danni dei radicali liberi osservato negli ictus e in altre malattie degenerative come il morbo di Parkinson o di Alzheimer. Negli animali è stato notato che l’acido carnosico viene attivato dai radicali liberi, ma diversamente rimane innocuo, tanto che si potrebbe avanzare la ricerca per lo  sviluppo di nuovi farmaci. Il rosmarino potrebbe essere la soluzione ideale per l’uso clinico di trattamenti potenzialmente neuroprotettivi .

Due studi apparsi su  “Nature Reviews Neuroscience”, mostrano che l’acido carnosico attiva un nuovo percorso di modulazione che proteggerebbe le cellule cerebrali dai danni dei radicali liberi, segnalati nell’ictus e nelle altre malattie neurodegenerative come il Parkinson e il morbo di Alzheimer .

In esperimenti sugli animali, i ricercatori hanno trovato che l’acido carnosico viene attivato dall’azione  dei radicali liberi , ma altrimenti rimane innocuo , una scoperta che può stimolare un importante passo in avanti nello sviluppo di farmaci per la cura delle malattie neurodegenerative .

Secondo i ricercatori, gli esperimenti sugli animali hanno dimostrato che l’acido carnosico attiva la il processo della trascrizione del Keap1/Nrf2 legandosi a specifici recettori della cisteina KEAP1 , proteggendo i neuroni dallo stress ossidativo e dalla eccitotossicità. Lo studio suggerisce inoltre che l’acido carnosico può proteggere il cervello dall’ischemia/riperfusione  dell’arteria cerebrale media. Questo nuovo tipo di azione, conosciuto a livello farmacologico  come un farmaco ad azione terapeutica, sebbene attraverso vie “patologiche” (PAT), funziona attraverso un meccanismo noto come la chimica ossido-riduttrice, in cui gli elettroni vengono trasferiti da una molecola a un’altra per attivare il sistema di difesa del corpo. Tuttavia, l’identificazione dell’ acido carnosico e il suo potenziale effetto benefico nel cervello dovrebbe portare allo sviluppo di migliori e più efficaci agenti neuroprotettivi. Alcuni ricercatori hanno depositato una domanda di brevetto statunitense per tutta una serie di nuovi composti che dimostrano i benefici ancora maggiori rispetto al rosmarino stesso.

I team di ricerca sperano di migliorare gli effetti benefici del rosmarino. Si può fare ancora meglio nel proteggere il cervello da malattie terribili come l’Alzheimer e il morbo di Lou Gehrig , forse anche rallentare gli effetti dell’invecchiamento normale, sviluppando molecole nuove e perfezionate similari al principio attivo del rosmarino.