“L’obesità è una malattia curabile- afferma il professor Michele Carruba (nella tavola rotonda dal titolo ‘Obesità: malattia negletta), direttore del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità all’Università degli Studi di Milano- ed è pertanto necessario mettere in atto una serie di attività volte da un lato a sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione, dall’altro a rendere consapevole la classe politica e dirigente che affrontare l’epidemia di obesità è ormai necessario e non più procrastinabile. Il position paper, presentato lo scorso novembre al ministero della Salute, è stato il primo passo per sensibilizzare in primis le istituzioni su questa epidemia e giungere ad una soluzione efficace”. Il punto di partenza affinché questo sia possibile è la creazione delle obesity unit, ovvero centri di riferimento con un approccio multidisciplinare dove il paziente obeso possa essere seguito in tutti gli aspetti della cura da esperti dietologi, nutrizionisti, psicologi e chirurghi, per una presa in carico a 360 gradi.
A questo proposito è bene ricordare che la formazione delle cellule adipose (adipociti) inizia durante il primo trimestre della vita embrionale e continua fino agli anni della pubertà (generalmente il numero si stabilizza intorno ai 18/20 anni), dopo di che le cellule adipose perdono la capacità di moltiplicarsi e possono solo aumentare di volume.
Da adulti ognuno di noi ha un differente numero di cellule adipose (25-30 miliardi in soggetti normopeso, 40-100 miliardi nei soggetti sovrappeso e obesi), aumentando la massa grassa, le cellule adipose potranno solo aumentare le loro dimensioni, non il loro numero.
Viceversa, perdendo massa grassa con una dieta equilibrata e un’attività fisica mirata e controllata, il numero delle cellule adipose non potrà diminuire, queste ultime potranno solo perdere parte del loro contenuto di grassi.
Da tutto ciò si evince quanto sia importante controllare l’obesità nei bambini in modo da non produrre sicuri obesi da grandi.
Oltretutto le cellule adipose sono “immortali”, il loro ricambio è continuo e costante, ecco perché nell’arco che va dal primo trimestre di vita alla maggiore età il patrimonio cellulare può variare solo nel senso dell’aumento e mai in quello della diminuzione, per cui i soggetti dotati di un numero eccessivo di adipociti in età adulta possono ottenere un riduzione della massa grassa solo attraverso la diminuzione del volume cellulare con la dieta e l’attività fisica.
Quando una persona obesa dimagrisce le cellule adipose perdono una certa quantità di grasso, riducendo il loro volume.
Purtroppo, però, il numero di adipociti non può essere ridotto. Questo fenomeno spiega perché un obeso che sospende la cura dimagrante, riacquista nel breve periodo gran parte del grasso corporeo perso.
Alcuni studi sembrano dimostrare l’esistenza di una relazione tra numero di adipociti e regolazione dell’appetito. Secondo queste ricerche un elevato numero di cellule adipose “vuote” sarebbe responsabile dell’aumentato stimolo della fame. Questo fenomeno spiega perché, per un individuo obeso, è così difficile seguire una dieta ipocalorica.